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IL CORSIVO La locanda di Valle Oppio

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Pronto Ada? Non mi faccio viva da tempo perché il sant’uomo questa volta la sua aureola formato famiglia se l’è proprio guadagnata: col sudore della fronte e il sangue del suo sangue. Novello Pistorius, si è fatto fare un ginocchio di titanio, per l’operazione ha scelto l’ospedale del Delta, che, come sai, si trova nella valle di Lagosanto, là dove salpano i gabbiani. Volevi che lo lasciassi solo laggiù in quella landa desolata? Con tutti i mali che ho non se ne trova uno che mi valga il ricovero, però pochi giorni prima dell’intervento veniamo a sapere che a 200 metri dall’ospedale è aperta la Locanda. Benedetto infermiere chiacchierino: Grazie alle vostre informazioni saporite scendo alla Locanda. E’ difficile descrivere che cosa si prova alla Locanda. La camera da letto è in realtà una camerata dove riposano con agio quattro letti, le finestre (sigillate perché in valle le zanzare non perdonano) sono ornate da alte tende rosse (sigillate come sopra) che conferiscono all’ambiente inutilmente ampio e vacuamente solenne l’ria di un manufatto del realismo socialista. Si sente la mancanza di un ritratto di Stalin alla parete, per il resto tutto – il democratico neon al soffitto, le indistruttibili rose di plastica sul finto bureau – tutto inneggia all’arte sovietica. E poi, Ada, non ti ho ancora detto della Locandiera: una non più giovane ragazzona dell’Est che la sera, per la cena, indossa un abito scaltro da gran gourmet, completando la scenografia con una cuffietta candida inamidata e siamo in pieno Vermeer. Ma il meglio (o il peggio) sono i dopocena, quando l’anima nibelungica della Locandiera si apre ai ricordi. Non ti ho ancora detto che sono l’unica ospite, quindi la facondia della locandiera è tutta per me. E’ durato tre sere il racconto del funerale della mamma, morta stecchita a Berlino, dove lei era andata a farle visita. Non volendo seppellirla laggiù pensa bene di far cremare la mamma e portarsela con sé in Italia. Quando alla dogana presenta lo scatolone dei Gran Pavesi e le chiedono che cosa contenga, la fanciulla, che fino a quel momento aveva retto, scoppia in un pianto dirotto: “No, non ci sono i Gran Pavesi, c’è la mia mamma in polvere”. Ignoro in quale cimitero riposino ora i resti cinerini della mamma, ma nel giardino della Locanda sorge un cespuglio di settembrini incarognito e stenterello, vuoi vedere che è la mamma ancora incazzata per la faccenda dei Gran Pavesi? Io, comunque, giro alla larga e anche il gatto, quando passa di lì, non mi sembra contento. Per il resto l’ospedale del Delta è un luogo allegro, essendo vicino alle località balneari, è frequentato da molti incidentati: il ventiduenne eh si è maciullato un gomito correndo sui pattini, il pluribarbuto danese, che, ubriacato dal fascino italiano, si è tuffato nell’azzurra piscina del Lido credendola colma di acque celestiali e, invece, era vuota! Insomma, il sant’uomo ha modo di passarsela perché, sai Ada, se si gode di buona salute all’ospedale si sopravvive benino. Però, quando la sera giunge l’urlo dell’ambulanza che ricovera la ragazza con i capelli impastati di sangue benzina, il sorriso si tace e il sant’uomo chiede di spegnere la luce.


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